C’era una volta il CD…

Lo ammetto: fino a 5 anni fa non avrei mai pensato di passare quasi completamente alla musica in streaming.

In quei tempi l’acquisto di un CD veniva studiato per settimane, non si poteva sbagliare e si pesavano le alternative: il nuovo lavoro della band preferita (per non rischiare) o il salto nel buio con la scommessa sulla next big thing? In entrambi i casi, i riti dell’acquisto prima e del religioso ascolto dopo, erano irrinunciabili.

Da accanito sostenitore del CD, vantavo la differenza di qualità (e comodità) tra il bel disco argentato e qualsiasi altro metodo di ascolto. Già: “bel” disco. I CD ed i relativi booklet erano e rimarranno perfetti oggetti da collezione, proprio per questo il loro sbocco di mercato si sposterà sempre di più verso le nicchie di fans.

Probabilmente anche il CD sarà destinato nel giro di pochi anni a far compagnia a musicassette e VHS.

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Da un paio d’anni, anche in Italia si respira una nuova vitalità del mercato discografico digitale, con il fatturato in crescita del 31% nel 2012.

Negli ultimi mesi, con l’avvento in Italia di Deezer e Spotify, due dei principali servizi mondiali di streaming, il trend non può che continuare in questa direzione, vista la spiccata permeabilità degli italiani alle tendenze mobile e considerando che il 62% della popolazione possiede già uno smartphone e quindi risulta tecnologicamente pronto al salto.

Anche la tendenza al download illegale di musica pare finalmente in calo. Come già dimostrato in due fertili mercati europei come quelli di Olanda e Svezia, è in grande ascesa la conversione da modalità di file sharing tipo The Pirate Bay a servizi di streaming online.

Diventa sempre più facile ascoltare legalmente la musica desiderata grazie alle offerte, anche gratuite, oggi disponibili.Sia Deezer che Spotify infatti offrono sia una versione free (che consente di ascoltare l’intero catalogo con inserimento di spot pubblicitari o con dei limiti temporali) che due versioni premium: 4,99 €/mese per l’ascolto su desktop/laptop senza pubblicità o 9,99 €/mese per includere anche la musica su mobile, con possibilità di scaricarla ed ascoltarla offline

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La questione del prezzo è ovviamente soggettiva, ma considerando che una nuova uscita in negozio costa mediamente intorno ai 15 €, spenderne meno di 5 o 10, rappresenta comunque un buon risparmio.

Anche per gli artisti il nuovo paradigma economico potrà essere vantaggioso nel lungo periodo: a differenza della remunerazione per singolo album venduto (o canzone in download acquistata), le royalties vengono percepite ad ogni ascolto. Il singolo importo è inferiore ma si protrae per un periodo di tempo più ampio.

La vastità dell’offerta è quasi illimitata, ogni giorno è possibile ascoltare musica diversa ed anche le nuove uscite diventano disponibili istantaneamente. Effettivamente il rischio di fruire della musica in modo “mordi e fuggi” c’è; sia chiaro, non lo considero un atteggiamento negativo, ma il mio approccio alla musica in streaming è per certi versi old style: belle le playlist e le radio, ma rimango affezionato all’ascolto di un album per intero, prima di passare a quello successivo.

Anche l’immediatezza d’ascolto, soprattutto su dispositivi mobile, è lampante. Non serve più scaricare album o convertire in Mp3 i propri CD e passarli poi su smartphone o tablet con operazioni più o meno complesse. Ora basta decidere cosa ascoltare, cercarlo e premere play.

Certamente alcuni difetti esistono ma, a mio parere, sono davvero marginali, soprattutto se paragonati ai vantaggi:

  • Se non abbiamo a disposizione una connessione internet (3G/4G se parliamo di mobile) non potremo ascoltare nulla, pur avendo un abbonamento. A questo però pone rimedio la possibilità di scaricare musica sul dispositivo per poterla ascoltare offline; basta quindi premunirsi di ciò che vorremo sentire tramite la nostra wifi.
  • La qualità è inferiore a quella di un CD ma spesso, davvero, non ce ne accorgeremo nemmeno (soprattutto se ascoltiamo spesso musica in treno o in bus); inoltre i 320 Kbps che vengono proposti sono ben oltre a quello a cui siamo abituati da anni di Mp3.
  • Dal catalogo mancano alcuni artisti (anche importanti) a causa di contratti d’esclusiva o scelte strategiche differenti.

 

La scena sta cambiando e oggi, dopo 10 mesi di utilizzo, non potrei fare a meno dello streaming musicale; sono davvero troppi i punti a favore per non seguire questa nuova “moda”, che con tutta probabilità diventerà nei prossimi mesi territorio di battaglie economiche, con nuovi attori che si affacceranno sul mercato (iTunes, tanto per citarne uno).

Ora non resta che aspettare che vengano inaugurati in Italia anche i servizi di streaming film e serie TV a tariffa mensile fissa tipo Netflix.

Fonte: http://www.fimi.it/temp/DMR2013.pdf

 

di Massimo Cinquini, Web Developer @ Voxart
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