17 Mar 2015 Cibo e comunicazione – 100 sfumature di food
Il cibo è uno dei prodotti simbolicamente più densi della sintesi tra natura e cultura e va assumendo sempre più importanza all’interno della società: da qui la necessità di capirlo, conoscerlo ed esplorarlo.
A Brescia, nelle sale di Palazzo Martinengo è visitabile fino al 14 giugno la mostra “Il cibo nell’arte”, che strizza l’occhio all’Expo e che viene descritta sullo stesso sito come “la più importante esposizione dedicata al cibo nell’arte mai organizzata finora in Italia”. Il curatore è Davide Dotti che, con la collaborazione di un comitato scientifico internazionale, ha selezionato 100 opere, 26 delle quali inedite, distribuite in un percorso cronologico e tematico, a conferma dell’esistenza di un legame secolare tra il cibo e le arti figurative. Il secolo di partenza della narrazione è il Cinquecento, non a caso, da allora il cibo perde la connotazione di semplice elemento decorativo nella composizione dell’opera, divenendone il vero protagonista carico di dignità e valore figurativo.
Si delinea, tramite le opere, un percorso attraverso la storia della nostra alimentazione, che non è solo il racconto dei diversi periodi storici, ma parla anche della commercializzazione dei prodotti (dai pezzi unici venduti nei mercati per arrivare al consumismo di Warhol), del variare dei gusti negli ultimi quattro secoli e di come, con il trascorrere degli anni si sia passati dalla conservazione delle poche risorse culinarie di cui si disponeva allo spreco, a seguito dell’introduzione della produzione seriale.
È interessante vedere come, con il susseguirsi delle epoche storiche cambia la visione del cibo: si passa dalla celebrazione dei singoli prodotti gastronomici, rappresentati nei dettagli ed esaltati dalle luci e dalle composizioni appositamente studiate, a opere come le sculture in ceramica policroma di Bertozzi&Casoni che, disseminate qua e là all’interno del percorso narrativo, vogliono descrivere, servendosi del cibo e della successiva sua forma di rifiuto e materiale di scarto, la tendenza all’accumulo e all’affastellamento, lascito della produzione industriale, per una spettacolarizzazione del banale e dell’effimero.
La mostra termina con una scenografica piramide alimentare di Paola Nizzoli, commissionata dallo stesso Davide Dotti che, costituita da quasi duemila componenti alimentari riprodotti in cera dipinta a mano, riporta sugli ultimi piani i cibi più salutari da assumere in maggiore quantità per finire, al vertice della piramide con i cibi più golosi ma nocivi, quasi a lasciare una sorta di monito, una linea guida che è in realtà una tendenza basata sul preferire la qualità.