Singapore – In the land of the blind, the one-eyed man is King

Una jungla. Rampicanti che crescono su ogni infrastruttura, su ogni edificio ed ogni edificio cresce come un rampicante. In rapida crescita, ricca ed efficiente. “Sicura” dicono, “vigile”.
Immersa nel verde e nei grattacieli, Singapore in cinquantanni è diventata la città per eccellenza degli asiatici e per molti nel mondo. Dieci giorni di permanenza in occasione della Singapore Art Fair, mi hanno dato la possibilità di vedere un modello di metropoli che da fuori può sembrare comune a tutte le altre.

Una jungla dicevo. Dall’esterno bella, florida e verde e all’interno satura di centri commerciali, lussuosi e non, che scendono oltre 5 piani sotto terra (5 nuove inaugurazioni in occasione delle feste, dice il “The Straits Times”). Ogni passaggio sotterraneo è attorniato da negozi e Food Area.

Singapore significa città del Leone in malese, anche se studi testimoniano che più di Leone si potrebbe trattare della tigre della Malesia, avvistata da Sang Nila Utama fondatore della città.

Vista come la città dei sogni, molti personaggi di spicco hanno analizzato la realtà di Singapore per capirne le dinamiche della società e della sua architettura. Quando dissi ai miei amici che sarei partito per Singapore puntualmente mi lanciarono spunti a riguardo. “Singapore” canzone di Tom Waits che affronta il tema del viaggio via nave verso la metropoli vista come terra dei sogni e “Singapore songlines” saggio di Rem Koolhaas che tratta il tema della metropoli come modello perfetto del capitalismo.

Come la città anche il punto di vista di ogni cosa è duplice. Incontro una PR, Natasha che mi parla della pena di morte applicata rigidamente a molti reati tra i quali l’uso di stupefacenti, oppure Naji che mi racconta dell’assoluto controllo dei media: niente paraboliche nelle case e nessuna scena di nudo o baci sulla stampa. Ma si vive “bene”. Cartelloni pubblicitari tipici dello scenario metropolitano praticamente inesistenti, in compenso trovi un negozio di Chanel ogni 100 mt. Tutto è avvolto da un leggero velo di sicurezza e perfezione. Impensabile, impossibile nella mente di un occidentale.

Eppure a cielo aperto, per le strade tutto è tranquillo. Il traffico è controllato e la città pulitissima la maggior parte del movimento si sviluppa nei passaggi sotterranei, in tutta la mia permanenza non ho sentito un’ambulanza ne ho visto o sentito passare volanti della polizia. Incredibile e strano.

Affascinante quanto misteriosa come in una jungla dove la pace della vegetazione ti rapisce e la tigre della Malesia scruta ogni tuo singolo passo, Singapore ti conquista con complessi avveniristici come Marina Bay e l’isola di Sentosa in un utopico senso di libertà.

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